Patto di non concorrenza a tutela del datore di lavoro: stipula e requisiti

I lavoratori, specialmente se altamente specializzati o addetti a funzioni dirigenziali, possono venire a conoscenza di dati, fatti o procedure di estrema importanza per l’attività svolta dal datore di lavoro che, in quanto tali, devono essere trattati con la massima riservatezza e protetti contro ogni forma di divulgazione abusiva. Se in costanza di rapporto il lavoratore è tenuto a rispettare l’obbligo di fedeltà, imposto dal codice civile e dallo Statuto dei lavoratori, dopo la cessazione l’unica tutela garantita al datore di lavoro è quella prevista dal patto di non concorrenza. Quali i requisiti?

L’obbligo di fedeltà, disciplinato dall’’art. 2105 del Codice Civile, sancisce il principio secondo il quale il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio.
Proprio in accordo con questa disposizione, l’art. 7 della legge 300/1970 prevede che dalla violazione dell’obbligo di fedeltà da parte del lavoratore può derivare un procedimento disciplinare nei suoi confronti e, nei casi più gravi, il licenziamento per giustificato motivo soggettivo.
Analoghe esigenze di tutela dell’attività svolta dal datore di lavoro hanno altresì determinato la necessità di regolare l’attività svolta, in proprio o alle dipendenze di altri, anche successivamente alla cessazione del contratto di lavoro, in particolare nei confronti dei dirigenti e dei dipendenti di alto livello che hanno avuto accesso a dati, aziendali e commerciali, la cui diffusione potrebbe arrecare una grave danno all’azienda stessa.

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